Venosa: uno dei borghi più belli di’Italia

Venosa (Venusia in latino, Venòse in dialetto lucano) è un comune italiano della provincia di Potenza, iscritto all’associazione “I borghi più belli d’Italia”.

Venosa è stata fondata nel nord della regione, il Vulture, su di un altipiano compreso tra due valli, circondata da una vegetazione rigogliosa nonchè da diverse alture.

Questo spiega i dislivelli su cui si articola, si pensi che il municipio si trova a 415 m sul livello del mare. 

Etimologia

Le ipotesi sono diverse. Stando all’assonanza con Venere, è alquanto accreditata la fondazione proprio in onore della dea greca (in latino Venus).

Di contro, alcui ritengono che invece il suo nome faccia riferimento all’aggettivo vinosa, per l’abbondanza dei suoi vini o per le vene d’acqua di cui è ricca.

Infine, talaltri riportano “Venosa” a ventosa, stante il suo clima ventilato.

Storia

La necropoli neolitica rinvenuta nei pressi di Toppo d’Aguzzo a Rapolla, nelle vicinanze del venosino, testimoniano tracce umane già in epoca preistorica. La maggior parte di queste è raccolta nel Parco Paleolitico di Notarchirico

Venosa ha una chiara appartenenza latina: si pensa che i romani la strapparono ai sanniti nel 291 a.C. per opera del console Lucio Postumio Megello. Questi, per l’appunto, la rese una colonia che ospitò 20.000 individui circa.

In seguito alla battaglia di Canne nel 216 a.C. vi trovò accoglienza il console Gaio Terenzio Varrone, che ne era uscito sconfitto. Nel 208, invece, la cittadina testimoniò la morte di un altro console, caduto sempre in guerra (seconda guerra punica) per opera di Annibale: Marco ClaudioMarcello.

Dalla guerra annibalica in poi la città fu ripopolata con l’invio di altri coloni. Nel 190 s.C. beneficiò della creazione della via Appia, che ne favorì lo sviluppo.

Venosa appoggiò gli italici durante la guerra sociale, subendo però la sottomissione da parte di Quinto Cecilio Metello Pio e nell’89 a.C., nonostante questo, ricevette il titolo di Municipium (città romana), ottenendo il diritto di voto e di cittadinanza per i suoi abitanti.

Come appena accennato la via Appia, che collegava Brindisi a Roma, ma anche la rinnovata colonizzazione diedero nuovo impulso al sito che, nel 65 a.C., diede i natali a un illustre poeta dell’epoca antica: Quinto Orazio Flacco che successivamente si trasferì nell’Urbe.

Pochi anni più tardi, nel 43 a.C., venne dedotta nuovamente da parte dei triumviri, i quali ne espropriarono i terreni dell’ager publicus, ridistribuendoli tra i veterani.

L’età imperiale

In questo periodo il cristianesimo fece capolino (era circa il 70 d.C.) portando una delle prime comunità ebraiche italiane a costituirsi proprio a Venosa, riuscendo a integrasi facilmente con gli autoctoni.

Ne è testimone la collina della Maddalena, che nelle sue cavità alloggia sepolture semite come cristiane.

Nel 114 d.C. l’apertura della via Traiana compromise l’economia cittadina: collegando Benevento a Brindisi, ma estromettendo il Municipium, ne comportò conseguenze disastrose.

Con l’età imperiale, nei primi periodi dell’avvento del Cristianesimo (intorno al 70 d.C.), si insediò a Venosa una delle prime comunità ebraiche in Italia, che riuscì a integrarsi con la popolazione locale. Una testimonianza di tale convivenza è la collina della Maddalena, in cui sono collocate nelle sue cavità sia sepolture semite che cristiane. Nel 114 d.C. fu aperta la via Traiana, che collegava Benevento e Brindisi ma che non toccò Venosa, portando conseguenze economiche svantaggiose per la città.

La caduta dell’impero romano non risparmiò Venosa dai barbari nel V secolo,

Nel 476 Odoacre con i suoi eruli. Gli ostrogoti nel 493 che la assursero a centro amministrativo, politico ed economico, titolo in seguito conferito ad Acerenza. Tra il 570 e il 590, i Longobardi la elessero sede di gastaldato; nell’842 la città fu saccheggiata dai Saraceni, i quali, a loro volta, furono cacciati da Ludovico II, imperatore del Sacro Romano Impero.

Seguirono i Bizantini, che furono sconfitti, durante la battaglia del fiume Olivento, dai Normanni di Arduino nel 1041. Durante il dominio normanno, Venosa fu assegnata a Drogone d’Altavilla. Da segnalare anche la presenza dei Greci intorno al 980 d.C., testimoniata dal monastero di “San Nicola di Morbano”. Nel 1133, Venosa fu saccheggiata e data alle fiamme da Ruggero II di Sicilia. Con la venuta degli Svevi, Federico II fece costruire un Castello, eretto in un luogo ove esisteva un fortilizio Longobardo dell’XI secolo, a cui assegnerà la funzione di Tesoro del Regno (Ministero delle Finanze).

Dal 1200, il Castello divenne il convento dei Frati Agostiniani, passato poi ai Salesiani e infine ai Padri Trinitari, che ancora oggi albergano nell’edificio. Intorno al 1177, circa lo stesso periodo dei Frati Agostiniani, vi era la presenza di monache nel “Monastero di San Benedetto”. Nel 1232, nasce a Venosa il futuro re svevo Manfredi, figlio di Federico II e Bianca Lancia. Agli Svevi successero gli Angioini e nel 1304, re Carlo D’Angiò assegna Venosa con titolo comitale al figlio Roberto, detto “Il Saggio”.

Dopo un continuo avvicendarsi di signori feudali, la città fu concessa in feudo agli Orsini nel 1453. Fu portata in dote nel 1443 da Donata Orsini al duca Pirro Del Balzo, che fece costruire il Castello (dal 1460 al 1470) e la concattedrale di Sant’Andrea (di cui si conosce solo la data di terminazione, 1502, e di consacrazione, 1531). Subì danni notevoli e alcuni morti a causa del Terremoto dell’Italia centro-meridionale del 1456.

Dopo gli Angioini, si stanziarono gli Aragonesi della famiglia Gesualdo, che divennero, nel 1561, feudatari e principi di Venosa, rendendo la città un importante centro di attività culturali, intellettuali e artistiche. Fu in questo periodo che visse il principe Carlo Gesualdo, musicista tra i più prestigiosi del suo tempo ma anche tra i più discussi; si dice che il compositore si sia rifugiato nel suo feudo di Gesualdo dopo aver assassinato, a Napoli, la sua sposa (nonché cugina) Maria d’Avalos, rea di averlo tradito con il duca di Andria, Fabrizio Carafa.

In questo periodo, Venosa vide anche la nascita di alcuni importanti centri culturali: nel 1582 venne costituita l’Accademia dei Piacevoli e dei Soavi, tra i quali Luigi Tansillo, Annibale Caracciolo, Ascanio e Giacomo Cenna, Bartolomeo e Luigi Maranta, Orazio de Gervasiis, Scipione de Monti Giovanni Antonio Rossano, e nel 1612 l’Accademia dei Rinascenti, quest’ultima fondata da Emanuele Gesualdo, figlio del compositore. Nel 1589, secondo le norme del Concilio di Trento, il monastero femminile “Santa Maria della Scala” fu trasferito e costruito al di fuori delle mura della città. Nel tardo Rinascimento, nacque il futuro cardinale Giovanni Battista De Luca nel 1614, il quale si trasferì per studiare a Salerno e Napoli, per poi stabilirsi a Roma, ove ricevette la nomina di cardinale dal papa Innocenzo XI. Nel 1647, Venosa prese parte alla rivolta masaniellana, guidata in Basilicata da Matteo Cristiano.

Il XVIl secolo fu caratterizzato da una notevole attività sismica, in particolare 3 eventi causarono danni significativi e vittime: il primo risale al 1625 con epicentro proprio nella città, i morti furono 40. Particolarmente importanti furono poi gli effetti del Terremoto del Sannio del 1688[13] e, pochi anni più tardi, del Terremoto dell’Irpinia e Basilicata del 1694.

Dal settecento a oggi

In entrambi i secoli, il feudo di Venosa fu affidato a varie famiglie nobili, come i Ludovisi e i Caracciolo. Sul finire del ‘700, i Rapolla e altri galantuomini venosini elaborano la costituzione della municipalità repubblicana, che fu ostacolata dalle rivolte del popolo, creando così un forte conflitto tra le due parti.

Nel 1808, Venosa divenne la terza città con più possedimenti della Basilicata, dopo Melfi e Matera, oltre ad avere diritto attivo e passivo nel Parlamento Nazionale Napoleonico. Nel 1820, ebbe un piccolo ruolo nelle sommosse contadine e nei moti carbonari. Durante i moti del 1848, tra i venosini si rese protagonista Luigi La Vista, giovane poeta e scrittore di sentimenti liberali, che fu ucciso il 15 maggio 1848 a Napoli da alcuni soldati svizzeri.

Tra il gennaio e il luglio del 1849, Venosa registrò probabilmente il periodo più nero della sua storia contemporanea. Si instaurò un durissimo astio tra possidenti terrieri, chi era favorevole alla cessione di quote di terre ai contadini e chi invece era contrario. Il disaccordo sfociò in una vera e propria guerra civile, aggravata da interessi politici e vendette. Il conflitto fu bruscamente represso e molte persone (in gran parte innocenti) finirono nelle segrete del Castello.

Il terremoto del Vulture del 1851 colpì con violenza la città, causando il crollo di alcuni edifici e la morte di 4 persone. Alcuni anni dopo si aggiunsero altri danni a causa del terremoto della Basilicata del 1857.

Con l’unità d’Italia, nel 1861 fu conquistata dai briganti del rionerese Carmine Crocco, i quali, dopo aver sconfitto la guarnigione della Guardia Nazionale venosina, furono accolti e appoggiati dalla popolazione locale. Durante l’occupazione fu ucciso Francesco Saverio Nitti, nonno dell’omonimo meridionalista. Nel 1866, nacque a Venosa Vincenzo Tangorra, deputato del Partito Popolare e ministro del Tesoro durante il primo governo Mussolini. Nel 1889, Giustino Fortunato ricevette la cittadinanza onoraria per il suo impegno profuso nella costruzione della linea ferroviaria Rocchetta-Gioia del Colle.

Nel 1908 avvenne il passaggio dall’illuminazione a petrolio e gas a quella elettrica. Fu colpita dal terremoto del Vulture del 1930: alcune case crollarono, molte furono lesionate. Nel 1944, nell’ultimo periodo della Seconda guerra mondiale, fu costruita una pista di volo per le truppe del 485º Gruppo da Bombardamento dell’USAAF. Fu l’unico aeroporto costruito in Basilicata nel periodo bellico. Nel 1946, terminata la seconda guerra mondiale, il referendum istituzionale del 2 giugno registrò 3.047 voti per la monarchia e 2.959 per la repubblica. Il terremoto del 23 novembre 1980 fu avvertito in modo piuttosto intenso causando panico e danni, perlopiù lievi, a gran parte delle abitazioni. Nel 1992 si celebrò il bimillenario della morte di Orazio Flacco.

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